Anche se il lavoro di Sandra Gibson e Luis Recoder si fonda sul cinema, va ben oltre la conoscenza di che cosa è il film, prendendo in considerazione l’architettura e gli stati della situazione di performance/osservazione, nonché la presenza emozionale della stessa luce.
Mark Webber, London Film Festival, 2006
Le immagini che consumiamo cinematicamente sono formate in modo impercettibile dall’interazione della luce con la pellicola, il suo dialogo registrato con gli alogenuri d’argento sospesi nell’emulsione di gelatina. Le immagini risultanti, che infettano lo schermo, producono degli effetti inimmaginabili sul sé e sulla psiche. Le vibrazioni delle tonalità varianti creano un dialogo con linguaggi subcoscienti e desideri che per molti di noi rimangono beatamente ignari. Ciò è particolarmente vero nel lavoro di Sandra Gibson e Luis Recoder. Vedere le loro performances ed installazioni filmiche è profondamente immersivo ed il ricordo dei loro lavori sembra restare espressamente astratto. La loro collaborazione è molto interessata alla manipolazione della luce, così come nel cinema o meglio nella pratica delle belle arti nella sua totalità. Attraverso una manipolazione esperta, la luce si trasforma nel loro medium primario.
…La mano assorbe la luce. Oscurità, buio. Un’apparizione opaca nel campo luminoso “materializza” la luce. Rileva la propria leggerezza. La luce in sé non è abbastanza per mostrare questo. Affinché la luce lo mostri, questo deve esser oscurato, ri-coperto, maneggiato. Deve esser fermato, fermato in su e in giù, per raggiungere il punto di risoluzione più luminoso.
Sandra Gibson/Luis Recoder
Proiettori, vetro, foschia. Emanazione. LUCE. La performance comincia, le fragili forme transitorie si formano e cambiano, emergono delle sottili e delicate relazioni, la sfumatura, la ripetizione, la forma, il movimento, la luce, i cerchi vorticosi, il suono intenso, la luce che si consuma e immersiva, mobile, interagente, vivente, toccante, ingolfata, liquida. Lasciarsi prendere dal processo di visione dà l’opportunità di godere del non conosciuto e di ciò che è comune. Le immagini pulsanti e vibranti sono reminescenze dell’essere, dello spazio. Ho sperimentato un profondo desidero, essere inghiottita all’interno dello spazio dell’opera. Prima di realizzarlo, questo era il mio stato. Quanto fragile l’assenza. Milioni di dipinti di luce intermittente (flicker) davanti ai miei occhi, ognuna è un riflesso fragile tuttavia fisicamente manipolato dell’esistenza. Il ritmo e le forme si intensificano, eppure in qualche modo mantengono un’eterea traslucenza. Qualcuno potrebbe non aver programmato una così intensa invasione sensoriale. Un film apparentemente senza soggetto, ma che comunica con una tale intensità di impatto. I puntini luminosi continuano a soffermarsi all’interno del sé e della psiche. Ora accettati in qualche modo come dei residenti permanenti. Dalle intermittenze (flickers) iniziali della performance, una moltitudine di nuove esperienze filmiche si presentano in momenti inaspettati. Le successive ripetizioni residue sembrano non sopportare l’intensità emozionale. Una connessione, espansa. Unendo la luce con la luce, la forma con la forma, le strutture mescolate, confuse, l’esperienza delle luci e dei puntini, mi ha coinvolto senza permesso, costantemente pulsante. L’esposizione del materiale produce in qualche modo una bellezza traslucida intermittente (flickering). Gli occhi si stancano e si rilassano, le esperienze visive differiscono, le doppie visioni, le realtà spaziali alterate iniziano e cessano di esistere. Dialoghi interessanti nella luce e nell’ombra, affascinante come qualunque grande speaker, o mente in conversazione, non dosato dal linguaggio. Mi piace la sublime immaterialità estesa. In un teatro oscurato ho visto una splendida film performance, il contenuto della quale è costantemente mutevole ed approfondito, che si rivela come una riflessione acutamente consapevole sulle relazioni. In modo interessante considerata un’interazione creativa. Che incoraggia noi, come audience, a fare un passo fuori dalla caverna di Platone e coinvolge completamente e con più consapevolezza, a riflettere all’interno delle nostre idee sulla molteplicità delle possibilità per l’esperienza cinematica. For this edition of the Independent Film Show, Untitled will be running a little over 5 hours as an installation beginning at 17:00 and then transition into performance beginning at 22:30.
Yvonne Maxwell
Nota: Questo testo è una sezione un po’ modificata dello scritto nel quale ho esplorato da un punto di vista fenomenologico le mie esperienze personali della luce all’interno di un contesto cinematico, specificamente le pratiche degli artisti della pellicola. Una considerazione su Untitled installation/performance di Sandra Gibson e Luis Recoder per lo ICA di Londra nel 2006 forma una parte di questo scritto.