Dal 20 Aprile al 26 Giugno si terrà a Napoli, presso lo Studio Morra la rassegna di giovani artisti 1999 : RESET. Curato da Raffaella Morra in collaborazione con Viatico il progetto punta a cogliere alcune delle proposte più interessanti del panorama giovani, a sollecitare forme di confronto e cooperazione tra gli artisti.
Generazionalmente figli di questa fin de siécle di cui indagano i tempi e i luoghi, con approcci differenti, da prospettive diverse ma comunque riconducibili ad uno stesso oggetto l' "attualità del mondo". Quattro percorsi per una rappresentazione del paesaggio contemporaneo dove prevale l'elemento movimento, inteso come velocità e accelerazione. Attraverso la sovrapposizione delle immagini o la stratificazione dei linguaggi, mediante la gestualità del corpo o la descrizione dell'ambiente urbanizzato. Nomadismo come pratica diffusa che schiude possibilità di appartenenze molteplici, di identità plurime. Queste opere riflettono l'organizzazione della vita postmoderna, la sua frammentarietà e insieme il suo sincretismo. Propongono una visione nuova dello spazio attraverso l'individuazione di luoghi e modi inediti della comunicazione, della conoscenza, delle relazioni. Luoghi fisici e dell'anima in un gioco infinito di reciproci rimandi. Il rapporto tra l'uomo e il paesaggio, tra l’anima e il mondo si ridefinisce attraverso un differente modo di guardare, di sentire. Questa differenza è data da uno spostamento, da un movimento che trasforma e ci trasforma.
Nel lavoro di questi artisti emergono elementi comuni di una riflessione sul paesaggio contemporaneo, sull'emergere di una nuova percezione dello spazio e del tempo. Una ricerca che in modo diverso mira a descrivere aspetti inediti della condizione umana, momenti che significativamente indagano mutamenti epocali. In questo senso la molteplicità di riferimenti spaziali rappresenta sicuramente uno degli aspetti più caratterizzanti di queste opere. Se fino a ieri la gran parte della popolazione svolgeva la sua vita nel medesimo luogo, oggi i nuovi mezzi della comunicazione sollecitano e premiano una mobilità senza precedenti. Sebbene questa non riguardi tutta la massa è pur vero che oggi non rappresenta più un fenomeno isolato o privilegiato. In un certo senso siamo tutti, in misura diversa, urbanizzati e, in quanto tali, nomadi. Ma l’elemento più interessante della ricerca di questi artisti è rappresentato dallo studio degli stati d'animo e relazioni con il mondo che le trasformazioni del contesto fisico e sociale suscitano in noi. Ai mutamenti del paesaggio fisico corrispondono evidentemente nuove configurazioni del paesaggio interiore in cui i luoghi assumono particolarissimi risonanze e significati, affettivi, estetici, intellettuali. Il vissuto di ciascuno è costellato da una miriade di sensazioni, stati d'animo, condizioni emotive e mentali che sono l'effetto delle esperienze che facciamo dei luoghi della contemporaneità. Siamo in presenza di una "deriva identitaria" dove attraverso la molteplicità di riferimenti spaziali si costruiscono appartenenze molteplici. Viaggi della memoria e dell'eterna ricerca in un paesaggio che diventa il riflesso di un paesaggio interiore, di un rapporto anima-mondo che si stabilisce proprio attraverso una prospettiva in continuo movimento. Queste opere sembrano volerci dire che il complesso dei mutamenti attuali non equivale esclusivamente ad una condizione di passività, perdita di senso, spreco ma anche allo schiudersi di nuove possibilità di riflessione, di comprensione del mondo, all'apertura di un orizzonte esistenziale più ampio. Prospettiva questa per alcuni discutibile ma forse non priva di fondamento.
Linee di luce, tagli iridescenti spezzano l'immobilità vellutata del nero. Terrence Kelleman mette in scena la gestualità del corpo attraverso un gioco di luci e di ombre. L'artista americano nato a Cleveland animerà lo spazio della galleria con performances e immagini fotografiche (17 Maggio - 29 Maggio).
Tempo, luce, spazio questi gli ingredienti base della sua ricerca visiva e performativa. In un bianco e nero fortemente contrastato il corpo nudo dell'artista che si muove nello spazio assume sembianze androgine. Ambiguità che allude alla difficile collocazione dell'artista nel contesto sociale, alla sua duplice attività di distruttore e creatore. L'uso della bicromia accentua la descrizione di questa bivalenza ma soprattutto descrive la conflittualità che innesca il rapporto artista-spazio. Il nudo dell'artista inteso come pratica di liberazione e messa in gioco della propria identità si definisce come esplosione di luce in un buio che allude al quadro sociale. Una coreografia quella di Kelleman in cui sono riconoscibili elementi di una liturgia, di una pratica del corpo volta alla ricerca di una dimensione cosmica. L'essere che emerge in superficie attraverso una gestualità spontanea, priva di una regia mentale. Elementi questi che richiamano le ormai diffuse pratiche orientali in cui il corpo si configura come luogo dell'anima. E' evidente come l'uso del corpo qui assume i significati di un linguaggio universale e divino. Ciò è riconducibile al mutare del nostro rapporto con il corpo, all'intima percezione si aggiungono elementi di un'indagine condotta dall'esterno che evidenzia altri aspetti spesso a noi stessi sconosciuti.
da VIATICO 1999 : RESET di Davide Auricchio