Elefanten

Elefanten

2000, 35 mm, b/n, no sonoro, 62 min.

In ultima analisi, Elefanten di Karl Kels si distingue per la precisione con cui il film maker ha curato ogni singola fase della realizzazione. Esistono determinati pregiudizi che un neofita non avvezzo al cinema sperimentale può improvvisamente manifestare. Anche se determinate tecniche, come l' "optical printing" e molti altri interventi che costituiscono la materialità del film, sono ormai scontate e appartengono al "look" del genere cinema d'avanguardia, il lavoro di Kels si scosta decisamente da tutto ciò assumendo in tal modo una posizione sovversiva. Egli sviluppa cioè un'estetica che si contrappone a quella ormai ampiamente assorbita dalla produzione hollywoodiana e da MTV, finalizzata al soddisfacimento commerciale degli effimeri bisogni dell'industria dell'intrattenimento e del marketing. La contrapposizione di Elefanten a quanto descritto è marcata, tra l'altro, dalla sua durata, dal suo limitarsi a un unico piano sequenza, nonché dalla rinuncia a un montaggio serrato, ai suoni e al colore. L'arma di Karl Kels è quella del sublime. Con i suoi elefanti egli costringe lo spettatore a misurarsi attivamente con tutta la sua forza visiva e il conforto della memoria con quanto osservato. Allo spettatore non viene quindi concesso di abbandonarsi passivamente allo "spettacolo", anzi, gli viene chiesto il massimo della concentrazione.
Gli elefanti, qualche scimmia o qualche operaio che di tanto in tanto entrano nell'inquadratura non sono da interpretare come un'apparizione particolare ma sono da considerarsi piuttosto "pars pro toto" di un più ampio teatro del mondo. In questo modo Kels riesce a produrre nello spettatore pensieri che vanno ben oltre l'inquadratura del film.

Thomas Draschan