1974, 16 mm, colore, sonoro, 20 min.
Nel film di venti minuti 'Seven Days',(del 1974),Welsby ha raggiunto la sua maturità espressiva, cimentandosi in un tour de force mai visto prima nel cinema. Ha filmato il paesaggio gallese con intervalli di dieci secondi, per una settimana, con la macchina da presa fissata sempre nello stesso posto, seppur basculante. Piazzata su una montagna situata equatorialmente (utilizzata per la fotografia astronomica delle stelle), ha seguito il sole attraverso il cielo. Inoltre la macchina da presa si spostava avanti ed indietro tra due posizioni, in funzione della visibilità del sole: quando il sole era fuori dal campo visivo, la macchina ruotava di 180 gradi rispetto al sole (ed il fotogramma include la sua ombra sulla terra), e quando, invece, il sole era dietro le nuvole, la macchina lo puntava direttamente.
"Quello che potrebbe essere considerato film di pura osservazione, mi sembra al contrario abbastanza violento. Il vento ruggisce sulla colonna sonora; le nuvole si muovono come un lampo, in modo quasi apocalittico; la macchina da presa va avanti ed indietro, senza una ragione apparente. Osservando più attentamente, in genere si possono addirittura anticipare questi cambiamenti, intravedendo un raggio di sole dietro le nuvole o la terra che si oscura: è possibile, quindi, vedere la causa naturale di ogni taglio di immagine nella ripresa precedente. Si tratta di un film che aborre la lunga tradizione della pittura di paesaggio, ( e di conseguenza anche quella del cinema di paesaggio), nella quale le immagini sono metafore delle emozioni dell'artista. Al contrario, qui, gli spettatori sono coinvolti in questo enjambment della natura e della macchina.
Il movimento della macchina da presa rivela un corso d'acqua, un gruppo di fiori e alcune vette distanti. Tutto ciò non rappresenta un vero e proprio paesaggio, ma un assemblaggio casuale di soggetti naturali di una bellezza disordinata, una bellezza che lo spettatore deve scoprire. (Welsby si sente influenzato da John Cage). I contorni del film, ed i ritmi nervosi ed accelerati, sembrano calcolati per esprimere sia il lato proteiforme della natura, (il cambiamento del tempo non è visibile solo nelle nuvole, ma anche nelle gocce di pioggia sul plexiglas che Welsby ha messo a protezione della camera), che il movimento violento e meccanico del cavalletto automatizzato. Proprio come il navigare richiede la conoscenza delle maree e dei venti, così i meccanismi per la realizzazione di un film, possono essere in sincronia con le forze della natura. L'etica e l'estetica qui si fondono e, sotto suggerimento di Welsby, il regista permette alle nuvole di fare un piccolo montaggio.
Fred Camper
Chicago Reader, 13 Aprile 2001