1966, 16 mm, b/n, no sonoro, 22 min.
Girato da un indiano Navajo, a cui sono state date soltanto informazioni cinematografiche di tipo tecnico, e che aveva visto ben poco di cinema e televisione, rappresenta uno dei più geniali documentari mai realizzati. Per decenni, prima dell'esperimento di cui questo film era parte, in cui il regista Sol Worth e l'antropologo John Adair decisero di dare delle cineprese e della pellicola vergine a dei nativi americani, lasciandoli così liberi di documentare le loro vite, registi ed antropologi hanno filmato tribù africane e di altri luoghi alla maniera dei film western. Worth ed Adair si sono chiesti se gli Indiani, venendo da una cultura unica, avrebbero strutturato la realtà in modo differente; il risultato è stato estremamente positivo. Filmando sua madre che tesse le coperte, Benally include nel film anche la raccolta delle piante per fare le tinte, la preparazione della lana e quella della tessitura, collegando i prodotti finali, le coperte, all'ambiente naturale che le ha prodotte. Il suo frequente uso di salti nel montaggio potrebbe sembrare discordante od addirittura dilettantesco, ma poi durante lo svolgimento del film, il suo genere di montaggio riflette una vita vissuta sulla terra, dove l'andare a piedi era il principale mezzo di trasporto, e rivela una franchezza nel guardare in modo diretto quel mondo non ancora deviato e condizionato dall'influenza mediatica dei film e della televisione.
Fred Camper