1981, 16 mm, colore, no sonoro, 7 min.
Questo film utilizza un dispositivo specifico fatto con una striscia di carta e delle fenditure verticali, che scorre - mosso dalle mani del film maker stesso - avanti e indietro. Il pensiero inevitabilmente corre ai meccanismi primitivi di riproduzione del movimento, all'ingenuità tecnologica delle prime "macchine del cinema", che spezzettavano il movimento dell'immagine e lo ricostruivano con una semplicità e una purezza che oggi il cinema ha smarrito. È stato realizzato con un negativo a colori "invecchiato" per molti anni nel frigorifero del cineasta, molto più in là della data di scadenza stampata sulla scatola. Il risultato è un colore verdastro, ultima reminiscenza di un cromatismo perduto.
La pellicola di questo Autoportrait è stata esposta quattro volte, passando nella macchina prima nei due sensi, invertendo la testa e la coda del nastro, e quindi nei due versi, invertendo il lato destro con il sinistro. La moltiplicazione dell'immagine del film maker, che si mette in scena nell'autoritratto, è amplificata dal fatto che la ripresa è effettuata davanti a un grande specchio. Un altro specchio, più piccolo, si trova alle spalle del soggetto, con un effetto di riproduzione all'infinito, metafora di un accumulo infinito degli strati dell'immagine. Lo specchio entra a far parte del dispositivo stesso, allo stesso modo dell'otturatore "simulato" attraverso il nastro di carta forato, soggetto e al tempo stesso oggetto dell'atto del rappresentare.