1972, UK, 2 schermi 16mm, colore, sonoro, 10 min.
Malcolm Le Grice è uno dei fondatori della Filmmakers' Co-op di Londra ed uno dei più importanti difensori del cinema sperimentale in Inghilterra. Da quasi quarant'anni alterna l'attività di cineasta a quella di saggista, recente è il libro Experimental Cinema in the Digital Age, una raccolta di suoi scritti che vanno dagli anni '70 ad oggi, dal pre-digitale al digitale. Nel suo lavoro artistico Le Grice ha spesso studiato le relazioni, a volte complesse, che possono esistere tra il processo di proiezione e quello di visione, e proprio per questo molti dei suoi film sono stati concepiti per una proiezione su più schermi in quanto performance o installazioni.
In Threshold Le Grice esplora le varie combinazioni e permutazioni dei colori possibili con una stampatrice cinematografica. Il film, realizzato a partire da un corto spezzone di pellicola "trovata", è inizialmente una semplice riproduzione fotografica, ma diventa sempre più complesso mano a mano che gli elementi visuali ed i colori si stratificano. A proposito di questo film Le Grice disse: "La pellicola è, in ogni fase, materia prima per una nuova trasformazione". Concepito per essere proiettato su tre schermi Threshold è qui proposto in formato ridotto su due schermi.
Threshold, realizzato cinque anni dopo, propone giustamente dei punti di confronto con Little Dog For Roger. Le Grice non utilizza più la stampante semplicemente come un meccanismo riflessivo, ma adopera le possibilità del cambiamento del colore e la permutazione dell’immaginario mentre il film progredisce dalla semplicità alla complessità. L’uso iniziale di filtri di puri rosso e verde lascia il posto a una grande varietà di colori e l’introduzione di strisce colorate di celluloide che vengono elaborate attraverso la stampante cominciano a costruire un’immagine che diviene graficamente e spazialmente complessa - anche se ancora astratta - e che evoca i quadri di, per dire, Clifford Still e Morris Louis.
Con il culmine del film nel figurativo immaginario fotografico, si potrebbe anticipare una ‘ricchezza’ cruciale dell’immagine; eppure l’evidenza insistente delle barre del montaggio e il loop e la ripetizione del piccolo frammento found footage e la sovrapposizione conflittuale di loop filtrati tutti ribadiscono (come in Little Dog) il lavoro che è necessario fare per decifrare questa immagine cinematografica.
Deke Dusinberre, LFMC catalogue, 1993