2003, Regno Unito, 16mm, colore, no sonoro, 25 min.
Volcano. Mezz'ora, senza sonoro, girato in 16mm su un vulcano delle Hawaii, il film cerca di affrontare quelle questioni di rappresentazione che, per me, restano problematiche, le questioni di base dell'estetica, che cosa significa vedere, come vedere l'ignoto, dato che vedere il noto non è assolutamente una visione. La questione del riconoscimento, l'impossibilità del riconoscimento o, per meglio dire, l'impossibilità di una visione da parte di uno spettatore se questa è basata sul riconoscimento... in quel momento, tu lo spettatore, io lo spettatore non sono più parte di un processo, un processo materiale, per quanto metafisico o meno, di creazione del significato attraverso i conflitti di percezione di qualcosa... in questo film Volcano l'afterimage della luce, la ripresa della luce dopo l'immagine, diventa obliterante come quella del buio... così la frattura temporale causata dalla pellicola trasparente, e dalla pellicola nera, diventa diversamente spaziale e temporale, come "qualcosa che manca"... e ci sono o ci devono essere in tutto questo particolare, delle specifiche differenze da sperimentare nelle "fratture" e nelle "interruzioni" causate dalla luce rispetto a quelle causate dal buio... in relazione a specifiche questioni filmiche di spazio, questioni di tempo... per esempio in relazione alle lacune (il vuoto), alle non-lacune (il reale rappresentato)... a tali coinvolgimenti estetico-filosofici... non “manca” nulla se non la capacità di "far coesistere" un realismo praticabile...
Da una dichiarazione di Peter Gidal, 2003