2000, 16 mm, colore, no sonoro, 3 min.
Come molti altri film di Bryan Frye, 'Lachrymae' ha l'aspetto di un film montato in camera a casa. Ambientato in un cimitero, le sue immagini rivelano minuscoli punti di luce che lampeggiano in modo intermittente. Si tratta di lucciole e, nella sequenza centrale, una donna riesce a catturarne una che luccica tra le sue mani. Come molti altri film di Frye, anche 'Lachrymae' si presenta in parte come metafora del cinema; le luci delle lucciole rappresentano una versione ancor più fragile del passaggio della luce del proiettore attraverso queste fragili ed, in definitiva, transitorie strisce di plastica che chiamano celluloide. Il film riconosce la sua natura transeunte, così come la transitorietà della vita umana e della luce animale; ciò gli dona una rara e raffinata eloquenza di memento mori.