L’incredibile attenzione per le immagini in movimento, sviluppatasi in questo decennio, ha scatenato un’ampissima produzione artistica ed una corsa alla creazione di Archivi e Database che spesso assumono connotati ambigui, non permettendo una chiara comprensione dell’opera, né del contesto storico-artistico.
Ciò che caratterizza l’Independent Film Show è, invece, una ricerca minuziosa all’interno di una sezione specifica di Cinema, quella più indipendente e sperimentale. Secondo Nicole Brenez “un film sperimentale considera il cinema a partire non dai suoi usi ma dalle sue potenzialità, e riesce a rievocarli, dispiegarli, rinnovarli ma anche a contraddirli, serrarli o renderli senza limiti… Ma non si tratta soltanto di strumenti, visto che il Cinema è prima di tutto uno straordinario dispositivo psichico”.[1]
L’Arte si distingue dalle altre attività ed espressioni umane per la sua funzione organica di proiezione dell’esperienza immaginativa nella realtà; questa funzione della forma è caratterizzata da due qualità essenziali: essa deriva dallo strumento che costruisce l’esperienza (in questo caso, la cinepresa e le tecniche di montaggio) ed incorpora la filosofia e le emozioni (dell’artista / dello spettatore). Il Cinema è un’arte spazio-temporale con una capacità unica, cioè creare delle nuove relazioni spazio-temporali e proiettarle in un’incontrastabile esperienza soggettiva.
In questo momento storico, il Cinema come forma d’Arte rappresenta lo strumento più appropriato per indagare le questioni fondamentali dell’uomo, quali l’estremo razionalismo o misticismo, la fiducia nelle scienze o il romanticismo della natura, la speculazione filosofica o l’impegno etico. Questa arte in movimento è capace di esprimere i concetti morali e metafisici di questa epoca, ma tenendo sempre in considerazione che ogni periodo storico lascia il proprio contributo ed inoltre il desiderio per la scoperta e la nuova esperienza sono responsabili della sviluppo dell’individuo e del progresso della civiltà.
Anche la location, la nuova sede della Fondazione Morra a Palazzo Ruffo di Bagnara, rappresenta una scelta particolare perché vuole essere luogo di discussione e ricerca, capace di creare una congiunzione ideale tra l’opera ed il fruitore per condividere la passione per la scoperta e la conoscenza.
Il film/video-maker sperimenta in prima persona liberamente, senza compromessi di produzione e marketing, spesso l’unico limite è l’economia esigua dei fondi. Questa libertà di espressione è una caratteristica essenziale, estesa anche ai curatori inviati annualmente, intorno alla quale si costruisce l’Independent Film Show.
Maya Deren Films 1943-1959, a cura di Mario Franco, rappresenta un’occasione rara per studiare ed approfondire l’opera omnia di Maya Deren, leggenda del cinema sperimentale indipendente. I suoi films impiegano la logica dei sogni, dei rituali e dei miti più che la logica narrativa aristotelica; attraverso essi la film-maker illumina la condizione umana e mostra un senso etico dell’arte come pratica terapeutica ed educativa, “…i bambini imparano velocemente, poi nell’adolescenza, quando l’ego si assesta, il processo di apprendimento diminuisce fino a che non si impara più; il bambino guarda il mondo con uno sguardo aperto verso l’esterno, poi l’individuo comincia a giustificare una storia che esiste soltanto in sé stesso. …L’opera d’arte chiede al sistema personale una resa temporanea e soltanto chi si arrende ad una nuova esperienza può viaggiare e conoscere un’altra mente ”.[2]
Field Notes I & II riunisce alcuni films e video recenti, selezionati da William Rose, che affrontano il rapporto problematico fra il film-maker ed il luogo in cui filma. Mark LaPore si è sforzato di documentare ed illustrare le culture in modo oggettivo, lavorando contro le convenzioni della narrazione etnografica ed elaborando una filosofia complessa di etica visiva, mentre Phil Solomon, conosciuto per aver trasformato il found footage in liquidi paesaggi da sogno attraverso processi chimici e fotografici, evoca le bellezze oramai svanite - dell’amore, del tempo, della vita - in significative sequenze ritmiche vicine alla musica ed alla poesia. Karen Mirza e Brad Butler si interrogano sulle qualità filmiche, scultoree ed architettoniche dell’immagine in movimento e considerano l'arte concettuale come una strategia di lavoro sul campo che tenta di articolare il “pensiero” come “un oggetto”, l’ultimo film raccoglie in un boxed object (oggetto inscatolato) più di 35 performances realizzate con passanti occasionali in diversi Paesi e contiene al suo interno un invito ad interpretare l’opera secondo: il luogo diverso di ogni esposizione, il pensiero percepito dietro l’opera, e gli schermi ed i supporti in ogni performance. Ben Russell continua a lavorare con la pellicola ed utilizza in modo eccellente i riferimenti ai primi films muti, “quando lavoro sul film, ho in mente una serie particolare di relazioni storiche o concettuali che indirizzano le mie conclusioni”. Mescolando le rigorose tecniche formali con la sensibilità antropologica di osservazione delle attività di una comunità, Sharon Lockhart utilizza il film e la fotografia per creare dei toccanti ritratti intimi.
Serene Velocity di Ernie Gehr è un film ipnotico, creato con due singole riprese di un corridoio della Binghamton University (una ripresa lunga e una ripresa in primo piano zoomata) ritmicamente alternate nel montaggio, che si trasforma in musica visiva, quasi un battito cardiaco cosmico. Wavelength di Michael Snow mostra l’interno di un anonimo appartamento zoomato dalla posizione più ampia del campo e lentamente messo a fuoco, fino ad arrestarsi su una foto del mare appesa al muro. Per Standish D. Lawder “…Corridor è un'occasione per la speculazione meditativa che invoca un cambiamento nell'attività cerebrale… attraverso la stimolazione interfacciale delle frequenze alfa".
Norwegian Tilts and Exits riunisce 13 films e video, ogni opera costituisce un’istantanea personale che svela dei possibili e potenziali suggerimenti.
Il concerto Tension-Suspence… di Bernhard Schreiner e le due performances di cinema espanso Light Trap di Greg Pope e Quelques minutes… di Xavier Quérel accompagnano ed integrano questo straordinario calendario di eventi. Tension-Suspense: Bucharest, near Piata Universitatii, 24 hours è un ritratto sonoro pubblico trasposto nel più limitato ambiente della galleria ed alterato e mixato dal vivo; Schreiner permette agli ordini sequenziali stabiliti di interagire con un livello di probabilità, la tensione musicale è ulteriormente caricata da una pratica degli estremi, modellando così delle sonorità che oscillano nel regno del fisicamente udibile. Light Trap di Greg Pope è una performance con quattro proiettori 16mm modificati e l’improvvisazione musicale del geniale Mike Cooper. Light Trap, concepita come omaggio al film-installazione Line Describing a Cone di Anthony McCall, sfrutta i meccanismi della pellicola e del cinema: il proiettore, il materiale filmico, la stanza oscura ed il suono sincronizzato - ma per ottenere un risultato radicalmente differente, nessuno schermo, nessuna immagine (bidimensionale), nessun posto a sedere e nessun inizio o fine. Lo spettatore può contemplare l'apparato del cinema e vedere i performers creare il risultato mentre simultaneamente lo si sta percependo. Quelques minutes de soleil après minuit di Xavier Quérel, già conosciuto a Napoli per la performance del collettivo Cellule d’Intervention Metamkine nel 2005, interviene con un’eccezionale dimostrazione dal vivo delle possibilità di utilizzo di un proiettore 16mm sonoro. Ciò che interessa è lo strumento (il proiettore), la luce e la capacità del film-maker di interagire emozionalmente con il pubblico e creare così un film dal vivo.
1 Nicole Brenez, “L’Atlantide” in Jeune, dure et pure! Une histoire du cinéma d’avant-garde et expérimental en France, 2001 Parigi, Cinémathéque Française/Mazzotta, pag. 17
2 da Maya Deren New Directions in Film Art, 1951